Sul risarcimento dei danni per mancata aggiudicazione (vedi anche qui), come è noto l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Ad. Plen. 2/2017) ha stabilito i principi in materia di riparto dell’onere probatorio, secondo cui “spetta all’impresa danneggiata offrire la prova dell’utile che in concreto avrebbe conseguito, qualora fosse risultata aggiudicataria dell’appalto, poiché nell’azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento (ex art. 64, commi 1 e 3, c.p.a.); quest’ultimo, infatti, in tanto si giustifica in quanto sussista la necessità di equilibrare l’asimmetria informativa tra amministrazione e privato la quale contraddistingue l’esercizio del pubblico potere ed il correlato rimedio dell’azione di impugnazione, mentre non si riscontra in quella di risarcimento dei danni, in relazione alla quale il criterio della c.d. vicinanza della prova determina il riespandersi del predetto principio dispositivo sancito in generale dall’art. 2697, primo comma, c.c.” mentre “la valutazione equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c., è ammessa soltanto in presenza di situazione di impossibilità – o di estrema difficoltà – di una precisa prova sull’ammontare del danno”.
Orbene,le pubbliche amministrazioni in sede di formulazione di una proposta risarcitoria ai sensi dell’art. 34, comma 4, cod. proc. amm. per il danno da mancata aggiudicazione devono osservare i seguenti criteri:
- all’impresa danneggiata è dovuto l’interesse c.d. positivo, ovvero il mancato profitto che essa avrebbe ricavato dall’esecuzione dell’appalto, che però deve essere calcolato sulla base della specifica offerta, eventualmente supportata da scheda tecnica, presentata dalla ricorrente; tale somma deve essere decurtata di tutte le spese necessarie per l’esecuzione dei lavori;
- la somma dovrà essere decurtata dell’aliunde perceptum eventualmente conseguito dall’impresa nell’esecuzione di altri lavori durante il tempo di svolgimento del contratto;
- il danno c.d. curriculare, non è risarcibile se non specificatamente riconducibile alla mancata esecuzione dell’appalto;
- nulla è dovuto a titolo di spese di partecipazione alla procedura, sia per la formulazione dell’offerta che per le spese legali che, di norma, restano a carico delle imprese medesime, sia in caso di aggiudicazione, sia in caso di mancata aggiudicazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1 aprile 2015, n. 1708).
- la somma individuata alla lettera a) dovrà essere maggiorata di rivalutazione monetaria secondo l’indice medio dei prezzi al consumo elaborato dall’Istat, che attualizza il danno al momento della sua liquidazione monetaria e gli interessi fino alla data del soddisfo, nella misura del tasso legale. (TAR Catanzaro 337/2018)
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